sabato 29 novembre 2014

Avere vent'anni

«Avevo vent'anni... Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita.» (Paul Nizan)

Quasi due mesi dall’ultimo post apparso qui su Obsploitation potrebbero aver lanciato il messaggio che quei miei vecchi propositi di gestire un secondo blog, parallelo ad Obsidian Mirror, fossero naufragati. La risposta è in questa uscita tardo novembrina che, nonostante quasi sorprenda anche il sottoscritto, va considerata come una dichiarazione d’intenti. Obspoitation vive e, sebbene a volte arranchi o si senta schiacciato dal predominio del blog principale, continua lento ma imperterrito per la sua strada.
Molte cose sono successe dall’ultima volta che mi sono trovato davanti al biancore abbacinante di queste pagine, ma tra le tante ce n’è una che Obspolitation non poteva ignorare: la prematura scomparsa di una delle regine della commedia sexy all’italiana anni Settanta. Sto parlando naturalmente di Lilli Carati, all’anagrafe Ileana Caravati, giovane interprete di B-movies oggi elevati allo stato di cult e, in questi ultimi anni forse ancora più di allora, icona exploitation fra le più desiderate.
A coloro che si aspettano un post-necrologio che, in quattro e quattr’otto, si trasformi nella solita divagazione perbenista sugli anni più travagliati della vita di Lilli Carati, rispondo che no, non è questo il posto giusto da cui mettersi sparare sentenze. Lilli Carati non è più tra di noi e tutto quello che è stato detto e fatto non ha più importanza. Adesso è giunto il momento del silenzio. È giunto il momento di ricordare Lilli Carati nella versione splendida che seppe offrire alla macchina di presa di Fernando Di Leo nell’ormai lontano 1978.

Considerato uno dei film più controversi del regista pugliese, “Avere vent’anni”, visto oggi con gli occhi di un adulto che ne ha passate di ogni, può apparire una boiata stratosferica. Nulla da eccepire e, se devo proprio ammetterlo, rivedendolo qualche giorno fa prima di scrivere questo post, sono arrivato a perdermi, per sopravvenuto sonno, anche la famosa scena di letto fra la Carati e Gloria Guida.
Non è così strano, ve lo assicuro. Abituato ormai da anni a considerare Fernando di Leo come l’Autore ispirato di pellicole quali “Brucia ragazzo brucia” o “I ragazzi del massacro”, sembra quasi incredibile che questo “Avere vent’anni” possa portare la sua firma. Almeno per i primi nove decimi del film. Almeno fino a quella allucinante scena finale, che si sgancia prepotentemente dalla insulsaggine che permeava il film fino a quel momento, per trasformare improvvisamente “Avere vent’anni” da dimenticabile a indimenticabile.

E pensare che quel violentissimo finale, dove le due ragazze venivano violentate a morte e in cui la nostra Lilli Carati finiva sventrata con un ramo piantato nella vagina, fu tagliato dalla censura e proiettato nelle sale cinematografiche in una versione edulcorata che ne sovvertiva completamente il significato. Privato di quel finale, di “Avere vent’anni” rimangono solo le allegre imprese di due belle ragazze alla ventura, tra un espediente e l’altro e tra un letto e l’altro. Una sequenza di situazioni boccaccesche che si possono riassumere nella battuta che le sue protagoniste non fanno che ripeterci per novanta minuti: “Sono giovane, bella e incazzata”.
Alla luce di quel finale, recuperato con un quarto di secolo di ritardo solo nella versione integrale datata 2004, quel “Sono giovane, bella e incazzata” acquista un significato più sinistro. Essere belle, giovani e incazzate negli anni Settanta non pagava, ci stava dicendo Fernando Di Leo. Va bene la liberalizzazione sessuale, va bene l’emancipazione, va bene la contestazione, ma… se eri una donna, allora era diverso, perché quegli furono sì anni formidabili, ma lo furono solo per gli uomini. Un messaggio forte e controcorrente sebbene, vale la pena precisarlo, “Avere vent’anni” venne realizzato con un decennio di ritardo rispetto agli evocati anni della contestazione. Tutto ad un tratto quel film, guardato distrattamente mentre si è intenti a fare altro, smette di essere quello che sembra e ti pianta un calcio improvviso negli attributi, lasciandoti indifeso come una sardina in un convegno di gatti.

È proprio qui che scopriva le sue carte quel regista che temevi essersi perso per strada, risucchiato dalle tentazioni erotiche degli anni del riflusso. Fino a quel momento eri pronto a bocciare implacabilmente quella direzione troppo poco convinta e quella sceneggiatura maldestra… e invece… invece…
A livello interpretativo, per inciso, il livello rimane uno schifo: delle performance delle due attrici rimane, anche con tutta la buona volontà, ben poco da salvare. Mi dispiace. Avrei davvero voluto spendere ben altre parole per questo post di commiato da Lilli Carati ma, in tutta onestà, non mi sento di mentire. Posso solo dire che Lilli Carati riusciva, in “Avere vent’anni”, ad imporre la propria personalità in maniera abbastanza convincente, prevalendo nettamente sulla sua insipida collega bionda e su tutti i personaggi di contorno, inclusi quel Vincenzo Crocitti o quel Ray Lovelock le cui lunghe carriere artistiche potevano lasciar sperare in ben altro. Ci tengo a precisare, per il rispetto che ho dell’arte, che è escluso dalla lista dei bocciati il compianto Vittorio Caprioli, uno dei maggiori talenti che il nostro cinema abbia mai avuto (qui nel macchiettistico ruolo di Michele Palumbo, detto "il Nazariota").

L'articolo che avete appena letto rientra nel progetto "No more excuses" in corso in questi giorni su diciotto blog diversi. Si tratta di un'iniziativa nata con lo scopo di diffondere sensibilità attorno ad un argomento spinoso al quale, ahimé, non si dedica mai abbastanza attenzione. L'occasione è la ricorrenza del 25 novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. I blogger coinvolti, tre al giorno, si impegnano a pubblicare un articolo sull'argomento a partire appunto dal 25 novembre e fino alla fine del mese. Qui di seguito l'elenco completo dei partecipanti e i link ai relativi post: La fabbrica dei sogni, Solaris, Pensieri Cannibali, Il Bollalmanacco di cinema, The Obsidian Mirror, Director's Cult, Non c'è paragone, Scrivenny, Recensioni Ribelli, Combinazione casuale, White Russian, Cooking Movies, Delicatamente perfido, In central perk, Obsploitation, Mari's Red Room, 50/50 Thriller, 500 film insieme.

20 commenti:

  1. E' uno dei miei film preferiti in assoluto.
    Di Leo spiazzante, carica tutto il film come una molla. C'è ogni cosa del cinema di genere italiano anni '70: un po' di commedia (anche sexy), erotismo, polizia... e il finale shock.
    Io ho il dvd con entrambe le edizioni, anche quella rimontata negli anni '80 che vede... la scena finale come fosse quella inziale (ma, paradossalmente, contiene delle sequenze tagliate via dalla edizione originale, come la fuga del padrone della comune -che qui diventa invece una scena in cui il tizio va a fondarla, la comune-)
    Per me un capolavoro sotto ogni aspetto :)

    Moz-

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    1. Sapevo che avevi il DVD da quel tuo vecchio post con le foto della tua collezione. Ero quindi certo che fosse per te un cult (altrimenti non se ne spiegherebbe la presenza). Davvero esiste una versione con un montaggio differente, dove la scena finale era stata montata alla fine? Incredibile! Il risultato deve essere assolutamente incomprensibile!

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    2. Ovviamente intendevo "dove la scena finale era stata montata all'inizio"...

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    3. Sì, Obs, ed è la versione che citi tu stesso, rimaneggiata.
      Oltre a presentare un doppiaggio diverso, la storia è proprio più free: le due stronzette se ne vanno a spasso, incappano in quei tizi, ma (con montaggio sonoro) interviene la polizia prima che finisca male (ossia impalate come sappiamo XD). Poi vanno a Roma alla comune del tizio ecc ecc...

      Moz-

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    4. Eh, i grandi casi del cinema bis italiano... lo amo anche e soprattutto per questo!
      Oh, ma io e te dobbiamo farci una chiacchierata, cazzo! Hai qualche chat? :)

      Moz-

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    5. Credo di essermi registrato un milione di chat dalle quali poi mi sono sempre tenuto lontano. Un modo per farci una chiaccherata però lo si trova. Intanto la mia mail è là in alto nella pagina dei contatti...

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  2. Certo non si può dire che non sia 'trash', così come è senz'altro 'cult'... però i due termini, insieme, non garantiscono qualità. E' una pellicola rozza, insulsa, volgare, senza nè capo nè coda, almeno per il 99%. Poi però c'è quella scena finale, raggelante e macabra, eppure indimenticabile, come giustamente scrivi. E allora non ci si può non rendere conto che il film va contestualizzato in un'epoca e un modo di pensare anni-luce distanti da noi, E in questo senso 'Avere vent'anni' è davvero il manifesto di una stagione e di un modo di pensare.

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    1. Il film, è vero, va contestualizzato. Va anche detto però che in quegli stessi anni sono stati realizzati film di ben altro spessore (anche dallo stesso Di Leo) per cui non riesco a spiegarmi completamente quanto di questo film sia davvero voluto e quanto sia invece il risultato della fretta o del disinteresse.

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  3. Sicuramente un film spiazzante, vorrei farmelo piacere ma come hai ben scritto visto con l'occhio smaliziato di oggi ha una prima parte fin troppo soporifera. Il finale è un capolavoro, e Di Leo un maestro ancora oggi troppo ignorato.

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    1. Il finale ripaga di un'ora e mezza di sofferenza. Mi chiedo come abbiano potuto far girare nelle sale una versione tagliata proprio di quell'unica scena....

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  4. Mi incuriosisce questo film, ma allo stesso tempo non mi alletta quella banalità che lo pervade fino al finale. Stavolta passo.

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    1. E' un film che può essere idolatrato o che può essere ignorato del tutto. Si sopravvive anche ignorandolo.

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  5. E' uno dei miei stracult!!!
    Certo, anch'io mi sono fatto domande durante la visione, ma forse il film va visto come un esperimento, tentato da di Di Leo, di giocare con la commedia sexy per dire ugualmente la sua, come tra le righe però. Diciamo che lo si potrebbe considerare un Di Leo in maschera. Se non ho saltato righe del post, mi sembra che non hai citato Mastelloni nei panni del fulminato dalla mistica orientale tra gli interpreti.

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    1. Mi sembra di ricordare che ne avevamo già parlato un tempo in un commento a chissà quale post. Sapevo che lo consideravi uno stracult. Hai ragione quando dici che non ho citato Leopoldo Mastelloni. Alla fine, tutto sommato, è stato anche il meno peggio...

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  6. Io di Di Leo ho Milano Calibro 9 e questo non so se riuscirei a vederlo. La tua recensione mi ha spiazzata come il finale. Leggendolo ho pensato che non c'entrasse niente, e poi bam! quel finale che contestualizza il tutto. Esattamente come il,film. Bravo!

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    1. Effettivamente il titolo poteva sembrare un po' anomalo nel contesto del progetto "No more excuses" ma, come alla fine hai notato, c'entra tanto quanto gli altri titoli in calendario. Anche perché sposta l'argomento dal singolo caso ad un contesto più generale, quello della contestazione vista con gli occhi delle donne.

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    2. Mi è veramente piaciuta la tua analisi sulla contestazione degli anni Settanta, complimenti!

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  7. Io non l'ho visto, però credo uscisse abbastanza dai canoni dei "soliti" film del periodo, non solo intesi come commedie sexy, ma anche per esempio il genere "rape & revenge".

    P.S. = Hai trovato rifugio qui su Obsploitation? Obsidian Mirror mi sa che in questi giorni te l'ho un po' saturato...

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    1. Già! Diciamo che in questi giorni, mentre tu ti stai trastullando su Obsidian Mirror, io trascorro qua la mia bella settimana... bianca

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