domenica 31 maggio 2015

Cani arrabbiati

Ebbene sì, avete letto bene: si torna a parlare di Mario Bava sul blog Obsploitation. Statisticamente sembrerà una curiosa coincidenza, visto che questo è il terzo post, su un totale di 25 pubblicati sinora, dedicato al regista romano. Nella realtà non c'è nulla di singolare in questa scelta: non ho mai fatto mistero, né da queste parti né tantomeno su Obsidian Mirror, che Mario Bava sia uno dei registi da me più apprezzati, se non altro dal punto di vista "sentimentale", visto che è proprio con capolavori come "La maschera del demonio" o “La frusta e il corpo” che il sottoscritto ha iniziato ad innamorarsi davvero del cinema. Detto questo, credo sia superfluo attendere la fine del post per capire se questo articolo si concluderà con l'esaltazione di un film o con una sua certosina distruzione, no? Superfluo? Ne siete proprio sicuri? Non ci crederete, ma ho visto per la prima volta "Cani arrabbiati" solo pochi giorni fa. Era da diverso tempo che questo titolo mi strizzava l’occhio, ma per un motivo o per l’altro non avevo mai avuto modo (diciamo pure voglia) di restituirgli la stessa attenzione. Qual è quindi la sentenza? Mah….
La genesi di “Cani arrabbiati” è soffertissima: roba da Guinness dei primati. Completata attorno alla metà degli anni Settanta, la pellicola, a causa di una sequenza infinita di problemi, da quelli economici (il fallimento della casa di produzione) ai soliti scazzi con la censura, arriva sugli schermi con vent’anni di ritardo e grazie soprattutto all’ammirevole impegno di Lea Lander Kruger, la protagonista femminile del film, che ne recupera i diritti e lo fa riemergere dall’oblio. Proiettato per la prima volta al BIFF di Bruxelles nel 1995, “Cani arrabbiati” avrà bisogno di ulteriori dieci anni per arrivare in Italia, grazie ad un passaggio su Sky datato 2004 con il titolo misteriosamente cambiato in un meno consono “Semaforo rosso”.