martedì 28 aprile 2015

E Dio disse a Caino...

Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra.
Iniziava così un vecchio post, pubblicato circa tre anni fa sul mio blog principale. E inizia così anche questo post che, come già accaduto varie volte nel passato recente, rappresenta l'ennesimo tassello di una piccola "operazione riciclo" alla quale, volente o nolente, devo sottostare se voglio evitare di mandare alle ortiche questo angolino di blog. È sempre più difficile, come sicuramente avrete intuito, portare avanti due blog in parallelo e, nonostante gli iniziali entusiasmi, i mesi passano uno dopo l'altro senza che Obsploitation riesca ad assumere una sua identità e una sua fisionomia. In attesa che la mia proverbiale pigrizia venga sconfitta da qualche improbabile evento, rompo il silenzio con questo post, pur conscio che la strada che sto percorrendo è quantomeno opinabile (per non usare termini più espliciti).
Parliamo oggi di Antonio Margheriti, indiscusso maestro del cinema di genere che, stranamente e ingiustamente, non era ancora comparso sulle pagine virtuali di Obspolitation.
Forse Margheriti non è stato il più grande tra i grandi (la concorrenza è in effetti decisamente agguerita), ma è indiscutibile che, nel cinema del nostro paese, il regista romano è stato senz’altro tra tutti il più eclettico, in grado di spaziare dal western all’horror, dalla fantascienza al poliziottesco, senza batter ciglio. “E Dio disse a Caino“ (1970) è un esempio pressoché unico di “western-gotico”, per alcuni una sorta di contaminazione di generi, ma più probabilmente una perfetta miscela tra due atmosfere diametralmente (in questo caso, solo apparentemente) opposte.