venerdì 18 dicembre 2015

La commedia è finita

Da tempo era ormai nell'aria. Lo si capiva da tante cose. La mia prolungata assenza da questo blog è solo una di quelle. C'è in realtà una sorta di disagio che ancora adesso faccio fatica a spiegarmi, ma che non posso continuare a ignorare. 
Un disagio che inizia la mattina presto quando, immerso nel traffico della Vigevanese, il solito traffico inesorabilmente lento, neanche fosse un film cecoslovacco con i sottotitoli in tedesco, mi ritrovo a buttare l'occhio sullo smartphone, alla ricerca dei nuovi emozionanti articoli pubblicati in giro per gli altri blog, articoli che mi riprometto di leggere al più presto, pur conscio che quel "presto" non potrà realizzarsi, forse, se non dopo una decina di ore. 
Il tempo, ecco, forse è quello il problema. Ma nemmeno posso sempre addebitare al tempo le responsabilità che mi appartengono. Il problema è forse più vasto. La voglia, la stanchezza, la pressione continua a cui vengo sottoposto dal momento in cui apro gli occhi al momento in cui li richiudo.
Quando ho aperto questo blog un po' già lo sapevo che sarebbe stata un'avventura difficile. In quel primo post, risalente a quasi due anni fa, scrissi che Obsploitation sarebbe rimasto un blog di nicchia, subordinato a quello principale; scrissi che Obsploitation non avrebbe sottratto spazio alcuno a Obsidian Mirror, così come non gli avrebbe rubato del tempo. Non avevo però fatto i conti con tutto il resto.

sabato 31 ottobre 2015

In un mondo di cannibali...

Sono già passate sei settimane dall'ultima volta che ho aggiornato questo blog? Sembra quasi incredibile. Il tempo passa a volte così velocemente, tra mille impegni e mille scadenze da rispettare, che quasi Obsploitation mi sfugge dalle mani. 
Per fortuna, di tanto in tanto saltano fuori alcune iniziative interessanti che mi permettono di mettere una pezza a tutte le mie magagne. E questa volta una pezza proviene da Ximi di Blogghidee, che ha lanciato la proposta "Guest Blogger per un giorno" nel suo piccolo circolino Google Plus al quale mi capita accidentalmente di appartenere.
In buona sostanza, si tratta di scrivere un articolo e regalarlo ad un altro blogger. Niente di complicato e niente che probabilmente avrebbe avuto la necessità di venire spiegato. L'unico paletto è quello di rispettare lo stile del blog ospitante, a livello di contenuti e di tutto ciò che fa contorno.
Oggi è il mio turno di ospitare un collega blogger, al quale cedo volentieri l'incombenza di riempire lo spazio bianco qui sotto. Il mio ospite si chiama Giuliano ed è l'amministratore del blog "Le terre degli antichi dei", uno spazio virtuale dove si respira aria di mondi lontani nel tempo e nello spazio, luoghi popolati da creature credibili e incredibili tra guerrieri, maghi e streghe, luoghi illuminati dai riflessi argentei di due lune. Ma a questo punto direi che non è più il caso di cincischiare e cedo la parola a Giuliano, che si è voluto dilettare in un sano articolo cannibalico!

venerdì 18 settembre 2015

Play Motel

Scrivere un articolo su “Play Motel”, lungometraggio girato nel 1979 dal semisconosciuto regista biellese Mario Gariazzo, non è cosa semplice. Innanzitutto ne è difficile la catalogazione: potrebbe essere un giallo all’italiana con delle sfumature softcore, spesso confinanti nell’hard, oppure un semplice crime-movie demenziale sfociante nel grottesco. In qualunque modo la vogliamo guardare, questa pellicola prende e mette insieme il peggio dei vari generi a cui s’ispira ma, per quello strano fenomeno che mai capiremo, qualcuno è riuscito pure a elevarla a livello di cult, pur se limitatamente alla scena trash. Per “Play Motel” Gariazzo dispone di una squadra con due punte d’eccezione: una venticinquenne Anna Maria Rizzoli, all’apice del suo splendore, e il leggendario Ray Lovelock, indiscusso protagonista del poliziottesco italiano di quegli anni. Poteva il nostro buon Mario Gariazzo, con siffatto biglietto da visita, scaraventare nel cesso un’occasione dalle potenzialità così evidenti? Ebbene sì, tutto ad un certo punto finì nel cesso. Ma fu non certo colpa sua.
Alla fine degli anni Settanta il cinema italiano stava ormai raschiando il barile in tutti i suoi generi più acclamati all’estero: il giallo all’italiana era ormai stato mostrato in tutte le sue salse e l’erotic-horror aveva già sparato quasi tutte le sue cartucce per mano del solito Joe D’Amato. In ogni caso, le due cose messe assieme non generarono mai nulla di buono e “Play Motel” ne fu la definitiva conferma.

martedì 1 settembre 2015

Quella villa accanto al cimitero

Quando un paio di mesi fa la solita combriccola di cinefili ha pensato di riproporre, anche questa estate, il crossover "Notte Horror", non ho potuto esimermi dal partecipare. D'altra parte come avrei potuto? Non ho mai fatto mistero del fatto che l'horror sia una delle mie passioni e, visto che questo blog ha sempre bisogno di nuovi stimoli per trascinarsi avanti, quale migliore occasione se non aderire a un'iniziativa tra bloggers? Eccoci quindi qua anche quest'anno a presentare un Lucio Fulci d'annata. E quando scrivo "anche quest'anno" mi riferisco al fatto che esattamente un anno fa Obsploitation aderiva alla scorsa edizione di "Notte Horror" con ben due omaggi al grande maestro del gore italiano: Sette note in nero (1977) e Una lucertola con la pelle di donna (1971). Se è vero che non c'è due senza tre, allora ecco servito il terzo omaggio, questa volta un vero gore come Dio comanda: Quella villa accanto al cimitero (1981), a sua volta terzo capitolo di una trilogia nota come "Trilogia della morte" o, secondo altre versioni, "Trilogia dei cancelli". Gli altri due film di tale trilogia, tutti girati nel giro di pochi mesi, sono Paura nella città dei morti viventi (1980) e ...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà (1981), dei quali non escludo di riuscire a parlare uno di questi giorni, magari la prossima estate, nel caso la suddetta combriccola dovesse ripetere l'iniziativa.

venerdì 7 agosto 2015

Immacolata e Concetta, l'altra gelosia

Un post singolare per Obsploitation quello di oggi. Perché singolare? Perché una volta tanto oggi cerchiamo di stare alla larga dalle boiate e ci tuffiamo direttamente nel cinema d’autore, quello vero, quello che meriterebbe ben più di un articolo su un piccolo blog che non legge nessuno. Una singolarità, quella di oggi, che mi piacerebbe non rimanesse tale, ma questo è decisamente un altro paio di maniche.
Siamo dalle parti di Pomigliano d’Arco, città natale di Salvatore Piscicelli, colui al quale dobbiamo l’esistenza stessa di questo “Immacolata e Concetta: l’altra gelosia”, piccolo gioiello datato 1979 e premiato, nello stesso anno, con il Pardo d’Argento al festival di Locarno. Perché partiamo proprio da Pomigliano d’Arco? In primo luogo perché Salvatore Piscicelli, regista oggi praticamente (e ingiustamente) sconosciuto, ha dedicato ampi tratti della sua carriera registica alla sua terra e alle sue contraddizioni, beneficiando nelle sue pellicole di volti da questo punto di vista davvero caratteristici quali quelli di Ida Di Benedetto, Marcella Michelangeli, Marina Suma e Tony Esposito. In secondo luogo perché Pomigliano d’Arco è anche la location nella quale si muovono le due protagoniste della vicenda di cui proverò a parlarvi oggi. Immacolata e Concetta: due donne che a causa di alterne vicende conosceranno il carcere, s’incontreranno e s’innamoreranno. È la cronaca di un amore lesbico dai contorni molto delicati, un amore felice finché rimane racchiuso fra quattro mura, perfetto nella sua condizione intima e privata, ma che diventerà inaccettabile nel momento in cui si troverà a fare i conti con il giudizio di una società tutt’altro che pronta a convivere con una diversità dalle proporzioni, per essa, inaudite.

domenica 12 luglio 2015

Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento

Il sipario si apre su alcuni individui ridicolmente travestiti da supereroi satanici. Il primo impatto lascia già ben presagire ciò che attende l’incauto pellegrino che si prepari ad affrontare la visione di “Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento”, opera che il buon Renato Polselli realizzò nel lontano 1973 sull’onda del discreto successo che ottenne il suo precedente lavoro, “Delirio Caldo”.
Riunito attorno a una specie di altare sul quale giace una giovane donna (presumibilmente vergine), il gruppo è chiaramente concentrato su un rito che dovrebbe avere come culmine la resurrezione, attraverso il classico sacrificio umano, dell’oggetto del loro culto, Isabel (interpretata dalla splendida Rita Calderoni), una giovane che fu bruciata sul rogo secoli prima dagli abitanti del villaggio con l’accusa di stregoneria.
Il fatto che Isabel fosse davvero una strega è ovviamente opinabile, ma questi sono dettagli che a noi, al momento, interessano poco. Ci incuriosiscono di più quei personaggi che stanno cercando di riportarne in vita un cadavere che, nonostante i secoli e nonostante il rogo, appare tutto sommato solo un po’ palliduccio (se non si tiene conto, naturalmente, della profonda ferita visibile in mezzo al petto). Chi sono quindi questi individui? Ve lo dico già da adesso: una risposta precisa non arriverà mai.
Renato Polselli ci offre su un piatto d’argento un film assolutamente stravagante, tanto per usare un eufemismo. Stravagante perché i personaggi che vediamo muoversi senza senso per quasi un’ora e cinquanta minuti, di qua e di là sullo schermo, non fanno altro che cose fondamentalmente incomprensibili. Cosa potrei scrivere di sensato in questo post, visto che nemmeno la trama mi è chiara? Proviamo. 

domenica 28 giugno 2015

Holocaust 2000

Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. L'adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato. Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago.  Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei. 
Qualche settimana fa, mentre il cinema di tutto il mondo piangeva la scomparsa di Christopher Lee, questa valle di lacrime veniva lasciata, quasi in punta di piedi, anche da uno dei più grandi registi che questa piccola Italia mai avuto: il grande Alberto De Martino. Questo blog rende omaggio al Maestro recuperando un post originariamente uscito su Obsidian Mirror, negli anni in cui il nostro blog ammiraglio era poco più di un neonato. Stiamo parlando di Holocaust 2000, naturalmente, un piccolo capolavoro che possiamo sintetizzare come la personalissima visione dell’olocausto da parte si Alberto De Martino. Di quale olocausto stiamo parlando? Ma di quello nucleare, naturalmente.