martedì 1 settembre 2015

Quella villa accanto al cimitero

Quando un paio di mesi fa la solita combriccola di cinefili ha pensato di riproporre, anche questa estate, il crossover "Notte Horror", non ho potuto esimermi dal partecipare. D'altra parte come avrei potuto? Non ho mai fatto mistero del fatto che l'horror sia una delle mie passioni e, visto che questo blog ha sempre bisogno di nuovi stimoli per trascinarsi avanti, quale migliore occasione se non aderire a un'iniziativa tra bloggers? Eccoci quindi qua anche quest'anno a presentare un Lucio Fulci d'annata. E quando scrivo "anche quest'anno" mi riferisco al fatto che esattamente un anno fa Obsploitation aderiva alla scorsa edizione di "Notte Horror" con ben due omaggi al grande maestro del gore italiano: Sette note in nero (1977) e Una lucertola con la pelle di donna (1971). Se è vero che non c'è due senza tre, allora ecco servito il terzo omaggio, questa volta un vero gore come Dio comanda: Quella villa accanto al cimitero (1981), a sua volta terzo capitolo di una trilogia nota come "Trilogia della morte" o, secondo altre versioni, "Trilogia dei cancelli". Gli altri due film di tale trilogia, tutti girati nel giro di pochi mesi, sono Paura nella città dei morti viventi (1980) e ...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà (1981), dei quali non escludo di riuscire a parlare uno di questi giorni, magari la prossima estate, nel caso la suddetta combriccola dovesse ripetere l'iniziativa.
In realtà, se devo raccontarla giusta, non ricordavo di aver recensito Fulci lo scorso anno proprio in quell'occasione... la mia scelta di oggi è praticamente dovuta al caso. Ho gettato la mano nel mucchio, ovvero nella parete di DVD horror che ormai mi sta fagocitando la casa e, tenendo gli occhi chiusi, ho pescato Quella villa accanto al cimitero. Ricordavo di averlo visto secoli addietro e, sebbene non ricordassi praticamente nulla della trama, ne avevo conservato una piacevole sensazione, motivo per il quale questo DVD non è finito, sorte toccata a molti altri, nel pentolone della roba da vendere per pochi spiccioli a quel tizio del mercatino. Non mi sbagliavo: Quella villa accanto al cimitero è davvero un gran bel film! 
Non voglio arrivare al punto di definirlo un capolavoro ma, cavolo, questo è un film che mantiene esattamente ciò che promette, senza tanti giri di parole e senza troppi cervellotici e improbabili fronzoli. Quella villa accanto al cimitero è formidabile forse proprio per la sua semplicità, per il suo non voler emergere dalla massa di pellicole pretenziose che in quegli anni si moltiplicavano a vista d'occhio senza alcun freno inibitorio. Un film essenziale per una bella serata horror di fine agosto.
I primi cinque minuti mettono subito in chiaro quali siano gli intenti di Fulci: c'è una ragazza che si sta rivestendo nella cantina di una casa abbandonata, un luogo dove, se ci si trova in un film dell'orrore, bisognerebbe notoriamente astenersi da qualsiasi attività sessuale. Il ragazzo che era con lei ovviamente, per una di quelle solite ragioni che non proviamo nemmeno a spiegarci, si è allontanato. Cosa succederà mai quando la fanciulla, tutt'altro che serena, si metterà alla sua ricerca nei bui sotterranei di quella casa? Semplice: finirà trapassata da una lama che, piantatasi nella di lei testa, troverà la sua uscita dalla bocca dell'incauta biondina (sono sempre bionde queste ragazze votate al sacrificio o è solo una mia impressione?).



Detto questo spendiamo giusto due parole sulla trama, a beneficio di coloro (immagino ben pochi) che si fossero persi questa chicca. Precisiamo subito che il fatto che la casa sia accanto a un cimitero è del tutto irrilevante. La scelta del titolo è evidentemente stata fatta nel discutibile tentativo di richiamare alla mente una precedente boiata di Tobe Hooper (Quel motel vicino alla palude, 1977), tendenza, quella del citazionismo nei titoli, che in quegli anni si usava spesso, basti pensare al successivo "Quella villa in fondo al parco" (1988) di Giuliano Carmineo e agli innumerevoli "non entrate" o "non aprite".
Il dottor Boyle (Paolo Malco) trasloca in una villa immersa nelle campagne del New England assieme alla moglie Lucy (Catriona MacColl) e al figlio Bobby (Giovanni Frezza), un bambino biondo talmente odioso che vorresti vederlo morto dopo cinque minuti. Lo scopo del dottor Boyle sarebbe quello di proseguire una ricerca lasciata incompiuta da un collega che, senza motivo apparente, proprio in quei luoghi aveva macellato la sua amante e si era tolto la vita.
Entusiasta del nuovo lavoro (e anche un tantino curioso di far luce sulla vicenda del collega), il dottor Boyle, come succede sistematicamente in questo tipo di film, respingerà gli avvertimenti della moglie la cui innata sensibilità le suggerisce di fuggire a gambe levate da quella sinistra casa. Altrettanto sottovalutati saranno i deliri di Bobby, il quale sostiene ripetutamente di essere in comunicazione con una misteriosa bambina (ovviamente il fantasma di una bambina morta male proprio in quella casa).
Più che nel lavoro, com'è ovvio, gli sforzi di Boyle si profonderanno quindi soprattutto nello scoprire i segreti del suo defunto collega, ma la sua sarà un'indagine blanda e scriteriata che, chissà come, sbriglierà il bandolo della matassa solo a pochi minuti dalla fine, giusto in tempo perché il nostro possa correre in soccorso della moglie e del figlioletto, ma con esito tutt'altro che ovvio; in fondo non siamo a Hollywood, dove il lieto fine è scontato... no, del lieto fine a Fulci interessa poco, così come gli interessa poco dell'indagine e di mantenere una parvenza di coerenza e verosimiglianza alla narrazione, dall'antefatto al finale. A Fulci interessa sprofondarci nel buio di quella casa per intrappolarci nel suo incubo. Ad aggiungere un po' di sale alla storia ci sono dunque una lapide vecchia di un secolo nascosta sotto un tappeto e una cantina con la porta sapientemente (e prudentemente) sbarrata con delle assi di legno.
Credo dia superfluo dire che è proprio nella cantina della casa la chiave del film. Come in ogni fiaba che si rispetti, il male si nasconde nel buio e nel silenzio. E così laggiù, ai piedi di quella buia scalinata, c'è qualcosa che aspetta, qualcosa che va oltre qualsiasi immaginabile incubo.


Raccontato così Quella villa accanto al cimitero sembrerebbe una boiata colossale e, innegabilmente, un pochino lo è, ma è il tocco di Fulci che alza il livello di parecchio rispetto alla media: fiumi di sangue, coltelli nella testa, attizzatoi nel collo, diverse decapitazioni, sbudellamenti, gole tagliate e manciate di disgustosi vermi a volontà. E il nostro Fulci in tutto questo ci va sempre giù pesante: perché tagliare la gola di qualcuno una volta quando lo si può fare tre volte? Gli effetti speciali tutto sommato non sono affatto male, se consideriamo il budget risicato e i tempi di produzione, come al solito ridotti al minimo. Stenderei solo un piccolo velo pietoso sulla scena del pipistrello (palesemente farlocco) che viene accoltellato ma fatto sanguinare anche da punti che non c'entrano nulla.
Ma quando si parla di Fulci è il quadro generale che va osservato e in Quella villa accanto al cimitero c'è tanto da apprezzare e tantissimo per cui dovremmo toglierci il cappello e inchinarci. Fulci non è solo per gli appassionati di Fulci. Basta luoghi comuni: Fulci è per tutti gli appassionati della bellezza. Guardate quella casa, la sua architettura e i suoi interni, con le ampie vetrate colorate degne del miglior gotico di Mario Bava, guardate le sue atmosfere, al tempo stesso calde, avvolgenti e minacciose. Guardate i dettagli: i prolungati primi piani degli occhi della bambinaia, gli insistiti dettagli del sangue che zampilla. Ascoltate le musiche di Walter Rizzati, malinconiche quanto basta per mantenere l'atmosfera inalterata dall'inizio alla fine. Osservate la fotografia di Sergio Salvati, capace di fare di ciascun fotogramma un dipinto da appendere alla parete.
Tutto questo ci permette ampiamente di sorvolare su tutto il resto, sui clamorosi buchi di sceneggiatura, sui vari bloopers e soprattutto sullo spiegone finale che viene fuori dal nulla. Questo è Fulci, signore e signori, maestro del gore ed esempio al quale ancora oggi guardiamo con curiosità e un pizzico di invidia.



Accennavo all'inizio al crossover blogghesco che cerca di ripescare nelle atmosfere delle celebri notti horror televisive di venti e più anni fa. L'estate è quasi finita e la maggior parte delle notti horror è già alle nostre spalle ma, se ne avete voglia, siete ancora in tempo a recuperare ciò che è già stato trasmesso altrove sui blog amici. Questo post è uno degli ultimi: sono stati già pubblicati articoli su grandi cultoni horror del passato quali Il conte Dracula, The Wicker Man, Cujo, La mosca, The Devil Rides Out, Candyman, Hellraiser, Brood, la covata malefica, Buio Omega, Big Bad Wolves, Cimitero vivente, Suspiria, Nightmare, dal profondo della notte, Giovani streghe e il film d'animazione Coraline e la porta magica. Martedì prossimo l'ultimo appuntamento con Dead Snow e a seguire il gran finale su The Obsidian Mirror con la mitica Trilogia del terrore di Dan Curtis.

9 commenti:

  1. Sono sicura di averlo visto ma, a differenza tua, non ne ricordo nulla, né immagini né sensazioni. Eppure nella "Villa accanto al cimitero" (non esageriamo, definiamola casa) ci vivo!!! o__O
    Segno come futuro recupero, un Fulci d'altronde non delude quasi mai.

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    1. Abiti accanto a un cimitero? Figo! Chissà le scorribande notturne che ti fai...

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  2. Grande cinerecupero del mio celebre omonimo: devo decidermi ad una sua maratona, ma temo che rroppi film fulciani visti insieme lederanno gravemente la mia psiche :-P

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    1. Dipende da com'è messa in questo momento la tua psiche. Potresti invece beneficiarne...chissà

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  3. È oramai qualche annetto che non rispolvero il dvd (e prima ancora la vhs) ma potrei riscriverti lo stessso scena dopo scena in maniera pressochè completa, per quante volte ne ho fruito. Stampato inossidabilmente nella memoria, resta in assoluto il mio Fulci preferito, in ex aequo con "L'aldilà"...
    P.S. Riguardo alla preferenza per le bionde, non è una tua impressione: ai tempi lessi infatti un intervista dove Fulci confermava questa sua predilizione. Diceva che le utilizzava apposta, perchè secondo lui, in qualmodo la donna bionda era più vulnerabile e quindi, messa in una situazione di pericolo, instaurava nello spettatore un maggior coinvolgimento, al contrario di una mora.

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    1. Il mio Fulci preferito in realtà è "Sette note in nero", a mio parere ben al di sopra di grandi classici come questo di cui abbiamo parlato oggi,o di altri forse ancora più noti come "L'Aldilà" o "Non si sevizia un paperino".
      Interessante questa faccenda delle capigliatura... probabilmente è una regola che hanno seguito in molti quella di fare strage di biondine.. è anche un dato di fatto che negli slasher la tizia che si salva è quasi sempre mora.

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  4. Stavolta i nostri gusti non coincidono, Obs. Credo che i miei tentativi di addentrarmi negli horror di Fulci non siano mai andati oltre i quindici minuti. Forse sono riuscito ad arrivare in fondo a qualche sua commedia, ma non sono troppo sicuro, dovrei controllare.

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    1. Eppure secondo me una "Beatrice Cenci" potrebbe piacerti.. ^_^

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    2. Sì, su quello in effetti ci avevo buttato l'occhio...

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