lunedì 18 agosto 2014

La sanguisuga conduce la danza

Avete presente quei vecchi horror gotici italiani, molto popolari negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta? Quei vecchi film talmente affascinanti che sembrano non invecchiare mai e che ebbero tra i suoi massimi interpreti cineasti del calibro di Riccardo Freda (I vampiri, 195), Renato Polselli (L’amante del vampiro, 1960), Mario Bava (La maschera del demonio, 1960) e Antonio Margheriti (Danza Macabra, 1964)? Era un tipo di film le cui trame si svolgevano accarezzando, chi più chi meno, tutta una serie di stereotipi che ne permettevano rapida l’identificazione nel genere (e in questo caso il mio uso del termine stereotipi è tutt’altro che negativo).
Solitamente c’era un eroe/nobiluomo di mezza età, possibilmente di bell’aspetto ma non troppo. C’era naturalmente un castello arroccato in cima ad un luogo inaccessibile, come per esempio una scogliera. C’era il ricordo di una storia familiare tragica, spesso caratterizzata da morti violente o suicide. C’era una dama misteriosa che si aggirava per le stanze del castello, spesso più di una, il cui fascino finiva inevitabilmente per stregare il nobiluomo di cui sopra o un suo occasionale ospite. Sporadicamente c’era un ritratto sopra il camino raffigurante una nobildonna, morta secoli prima, dall’impressionante somiglianza con la dama già citata. Facevano da contorno tutta una serie di vari personaggi opzionali, dal maggiordomo tenebroso al giardiniere misterioso, dalla governante goffa alla giovane ancella di cui non si capiva mai bene la funzione reale nell’economia del film.

Nel film “La sanguisuga conduce la danza” (The Bloodsucker leads the dance, 1975) c’è tutto questo e anche di più. Abbiamo l’eroe/nobiluomo, interpretato da Giacomo Rossi-Stuart, nella cui storia familiare ci sono ovviamente omicidi e tradimenti. Abbiamo l’eroina bionda e innocente, interpretata da Patrizia De Rossi, la cui somiglianza con la precedente signora del castello, scomparsa anni prima, è inequivocabile. Abbiamo un maggiordomo (Mario De Rosa), una governante (Femi Benussi) e abbiamo anche un giardiniere tuttofare (l’onnipresente Luciano Pigozzi). Inutile dire che le vicende si svolgono tra le mura di un castello inaccessibile, all’interno del quale è ben visibile un ritratto (in questo caso solo una fotografia) della tizia già citata.
Se quindi è vero che le premesse sono quelle giuste, se è vero che i pezzi sulla scacchiera sono inizialmente tutti al loro posto, cosa possiamo aspettarci nella successiva ora e mezza di film? Comunque sia, già a questo punto è chiaro che non ci saranno vie di mezzo: o ci ritroveremo ad ammirare un capolavoro, oppure dovremo fare i conti con una boiata di proporzioni ciclopiche. Quale delle due? Lo scopriremo presto.

Irlanda, 1902. Il conte Richard Marnak fa il suo ingresso in un teatro dove si è appena conclusa l’ultima rappresentazione di una scalcagnata compagnia di attori in via di scioglimento. Il conte è naturalmente abbigliato come il più tipico dei vampiri: un ampio mantello nero, la tuba in testa e in mano un bastone da passeggio. Facciamo subito la conoscenza di Evelyn, apparentemente la più pudica tra le attrici presenti, che il conte cercherà di convincere a seguirlo al castello. Stiamo forse per assistere alla storia di un vampiro che cerca di attirare una vergine bionda nella propria rete? Ahimè no. Gli scambi di battute tra i presenti, in questa prima scena, ricordano quelle vecchie commedie di Eduardo De Filippo: adulti con comportamenti fanciulleschi, umorismo saturo di doppi sensi e personaggi al limite del surreale. Un brivido freddo a questo punto sta già percorrendo la schiena dello spettatore, che comincia a temere per la sua incolumità. Il conte Marnak, lo si scoprirà immediatamente, non è affatto un vampiro e la giovane Evelyn, come non tarderemo a scoprire, non è affatto una vergine innocente. E intanto se ne sono già andati i primi dieci minuti di pellicola e con loro buona parte delle nostre speranze.

Sarà forse stato il titolo ad averci tratto in inganno? È vero che in quegli anni i titoli della maggior parte delle produzioni del cinema italiano erano alquanto coloriti e spesso vivevano di citazionismo (con solo dei vaghi rimandi alla trama), ma “La sanguisuga conduce la danza” è quanto di più lontano dal contenuto della pellicola si potesse pensare. La sanguisuga (o il suo corrispettivo inglese “bloodsucker” che potrebbe far balenare in mente l’idea di un vampiro) c’entra qualcosa con il film? Certo che no! In questo film non ci sono sanguisughe per chilometri, non ci sono vampiri né qualsiasi altra forma di ematofagi, nessuno “conduce” nessuno da nessuna parte e, per coerenza con il resto, non c’è traccia nemmeno di una danza, intesa né come ballo, né in maniera figurata. Nulla di nulla. C’è solo questo conte che, grazie al suo fascino maliardo, riesce a convincere una imprudente ragazza a seguirlo al castello. Un tipo di fascino maliardo anni Settanta che, per affascinare ed ammaliare, necessita di un aiutino. E così, per aiutare la giovane nella sua decisione, estende l’invito a tutta l’allegra brigata (prevalentemente composta da fanciulle molto poco verginali).

Da questo momento in avanti, infatti, il film si rivela per quello che è veramente: uno squallido pretesto per mostrare una generosa quanto immotivata dose di tette e culi. Sorvolerei tranquillamente sulla successiva ora di proiezione, nel corso della quale non accade praticamente nulla, se non interminabili e mal girate sequenze di gente impegnata in scene di sesso, spesso anche ben oltre la soglia dell’hard. Fortunatamente hanno inventato il tasto Fast Forward e, senza alcun rimpianto, non esito a farne buon uso. Mando avanti, mando avanti, mando avanti…. e nulla sembra cambiare fino ad un quarto d’ora dalla fine, quando mi accorgo che qualcosa inizia a succedere: finalmente comincia a morire qualcuno. Le scene di omicidio in realtà non si vedono. Solo ogni tanto salta fuori qualche cadavere e una dopo l’altra le allegre fanciulle iniziano a cadere vittime di un qualche fantomatico assassino. Quando dico “salta fuori qualche cadavere” intendo esattamente quello che ho detto: non vi sono scene di omicidio, tutto avviene dietro le quinte e ciò che viene mostrato è solo qualche testa mozzata di cartapesta e nulla più. Questa se vogliamo è la parte de “La sanguisuga conduce la danza” che mi sentirei di salvare: non tanto per meriti artistici, ma perché la recitazione e i dialoghi diventano quanto di più divertente si possa sperare. Non saprei nemmeno dire se tutto ciò sia involontario o meno. Viene quasi da pensare che sia tutto voluto, talmente idioti vengono dipinti i personaggi.
Ma siamo ormai a pochi minuti dalla fine. Non c’è tempo per godersi un po’ di sana demenzialità: occorre arrivare a scoprire il nome dell’assassino. Incredibilmente non c’è alcun indizio, nessuno ha avanzato ipotesi, né tantomeno è stata coinvolta la polizia. Poi improvvisamente il primo piano di un poliziotto, mai visto prima, che a pochi secondi dalla fine ci rivela il nome dell’assassino. E lo fa mettendo in piedi anche una spiegazione complessa (che avrebbe anche meritato di più, se non fosse che tutta la parte di indagine è stata saltata a piè pari).

Non posso che concludere facendo entrare di diritto, senza possibilità di appello, questo “La sanguisuga conduce la danza” nella top ten dei film più brutti di sempre. Tutto è orrendo. Anche le scene di sesso viste con il Fast Forward sono pietose, seppure concedendo il beneficio del dubbio al regista Alfredo Rizzo in merito alla possibilità che il girato hard presente nella mia copia non facesse parte del montaggio originale  (tanto più che le controfigure utilizzate non assomigliavano nemmeno lontanamente agli attori che avrebbero dovuto impersonificare). Da addebitare invece all’originale rimangono però di sicuro alcune soluzioni low-budget veramente imbarazzanti, come quegli assurdi inserti in bianco e nero (evidente riciclo di qualche vecchio film o documentario) per rappresentare il mare in tempesta. In sostanza un film da evitare come la peste a meno che non abbiate intenzione di autopunirvi.
Post scriptum: da segnalare la scena lesbo tra la ragazza bianca e la ragazza nera (con il guardone appostato fuori dalla finestra), chiara citazione del capolavoro di Sergio MartinoI corpi presentano tracce di violenza carnale” (1973) in cui troviamo la stessa scena praticamente identica. Chi di voi ha detto “plagio”?

18 commenti:

  1. Quando si ha anche solo il minimo desiderio di usare il tasto Fast Forward... è lì che si comprende che il film non va! Proprio no. ;)

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    1. Di fronte a scene di sesso completamente decontestualizzate non potevo fare altro. Non aveva nessun senso perdere del tempo in lunghe sequenze palesemente estranee al girato originale. Succedeva a molti registi a quei tempi di produrre film che, a loro insaputa, venivano poi "manomessi" da ignoti per essere introdotti nel mercato a luci rosse. Questo film di cui ho parlato oggi è sicuramente uno di quelli. Mi chiedo solo quanto del "director's cut" sia stato tagliato e andato perduto...

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  2. titolo totalmente sconosciuto, ma sai che poi a me viene la curiosità un po' perversa, no?

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    1. So benissimo a cosa può portare la curiosità. Anch'io sono come te, specialmente quando mi parli di cinema spazzatura anni Settanta e Ottanta: più leggo male di un film, più mi viene voglia di andarmelo a cercare.

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  3. Questo lo ho addirittura estromesso dalla mia collezione...

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    1. Ah, perché? Lo avevi in collezione?

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    2. Lo ho avuto in collezione finché non lo ho visto ;)

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    3. Ahaha! Beh si, guarda, è capitato anche a me....

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  4. Però almeno il poster, a riguardarlo, è proprio bello.

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    1. Si, ma come il titolo, anche il poster non c'entra un ca##o con il contenuto del film.

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  5. Se parliamo di film horror brutti, prova a vederti (se hai il coraggio, ovviamente), "A cena col vampiro" di Lamberto Bava e poi ne riparliamo!

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    1. Ho ben presente!!! Non senza vergogna ammetto di essere l’infelice possessore di un cofanetto di 4 DVD con il peggio del peggio di Lamberto Bava. Oltre alla “Cena col Vampiro” il cofanetto include “Una notte al cimitero”, “Per sempre” e “La casa dell'orco”

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    2. A cena col vampiro meriterebbe un post. La sola performance di Riccardo Rossi la meriterebbe!

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    3. Dovrei rivedermelo. Non so se me la sento a così breve distanza da quest’altra boiata appena recensita. Però potresti offrirti tu per un guest post.. ^_^

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    4. Dici sul serio o era una battuta? Perchè se mi inviti io raccolgo! Però è a tuo rischio e pericolo la recensione di una tale porcata! :P

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    5. Dico assolutamente sul serio! Hai carta bianca!
      (PS: bianca ma non bianchissima... non farmi andare in galera, eh シ

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    6. Tranquillo! (le ultime parole famose...)
      Allora questa sera me lo rivedo (sigh, cosa mi tocca fare...)
      Dimmi solo dove mandarti il pezzo.

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    7. Nella sezione "About", in fondo alla pagina, c'è il mio indirizzo email.
      Buona visione! :D

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