martedì 9 dicembre 2014

Faster, Pussycat! Kill! Kill!

Qualcuno di sicuro penserà che sono pazzo. Solo pochi giorni dopo il post dedicato alle donne che subiscono violenza, eccomi a presentare un post sulle donne che la violenza la fanno, un post sulle cosiddette Bad Girls, ovverossia le ragazze cattive del cinema. Dite che sono incoerente? Tutt’altro, perché se il fenomeno della violenza sulle donne, benché più volte rappresentato nella finzione cinematografica, ha un suo enorme e triste risconto nella realtà di tutti i giorni, il fenomeno delle ragazze cattive nel cinema rimane più che altro legato a quell’immaginario maschile nel quale le ragazze assumono comportamenti prevalentemente “da uomini”, vale a dire ubriacarsi, azzuffarsi e gareggiare in velocità, pur conservando immutata la loro sensualità o, meglio ancora, elevandola al massimo con l’ausilio di vestiti attillati e provocanti, in particolare camicette che strizzano seni enormi e lunghe gambe in equilibrio su tacchi vertiginosi.
Un genere di film che altro non è che un ritratto del potere che la sessualità femminile ha sugli uomini, le cui caratteristiche differiscono dai soliti stereotipi: in questi film i maschi sono le vittime, e le donne i carnefici che applicano le loro "armi", senza porsi alcuno scrupolo, per raggiungere i loro obiettivi. Si tratta di un fenomeno esclusivamente americano? Non proprio, ma è logico che questo tipo di immaginario abbia trovato il terreno più fertile in una società profondamente individualista come quella americana, dove all’iniziativa personale (nel bene e nel male) viene sempre dato molto valore, anche quando poi, in base a logiche morali e "conservatoristiche", viene condannata; dove, pur biasimandola, si strizza persino l’occhio alla giustizia fai-da-te. Per questo il cinema americano, accanto agli eroi buoni, ha un’ancor più lunga parata di reietti, giustizieri e criminali.